Il pubblico dell’Ariston di Sanremo è rimasto ammaliato dalla sua bellezza, dal fascino e dall’eleganza con cui ha calcato il palco: Drusilla Foer ha davvero rubato la scena della terza serata del Festival.
Ha dettato i tempi ed ha saputo emozionare la platea ed il pubblico da casa, nonostante l’ora tarda, con un monologo davvero molto intenso.
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Drusilla Foer ruba la scena a Sanremo 2022
La frecciatina a chi aveva rivolto critiche sulla sua presenza travestendosi da Zorro. “Ho voluto tranquillizzare tutti quelli che avevano paura… Un uomo vestito da una travestita. Allora mi sono travestita”, ha detto con semplicità ed ironia.
Ma la sua bravura e la cifra artistica hanno raggiunto l’apice nel finale, nonostante l’ora e nonostante il pubblico aspettasse solo la classifica della terza serata. Un monologo inaspettato, ma molto apprezzato.
Il monologo a Sanremo 2022
“Potrei parlare, ci sono tanti temi che affollano la mia mente e la società dove viviamo, ma non è che posso ammorbare il pubblico a quest’ora con discorsi sull’integrazione e la diversità.
Diversità è una parola che non mi piace, ha un qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince. Quando la verbalizzo sento sempre che tradisco quello che provo.
Trovo che le parole siano come gli amanti: quando non funzionano più vanno cambiati, subito.
Ho cercato un termine che potesse sostituire una parola così incompleta. Ne ho trovato uno molto convincete: unicità!
Mi piace. Tutti noi pensiamo di essere unici. Facile? Per niente. Per accettare la propria unicità bisogna capire di cosa è composta la nostra unicità, di cosa siamo fatti noi.
Certamente di cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti. Ma i talenti vanno allenati, vanno seguiti. Delle proprie convinzioni bisogna avere la responsabilità e delle proprie forze bisogna avere cura.
Insomma, non è facilissimo. E queste sono le cose che sulla carta sono fighe, pensate quando si comincia con i dolori che vanno affrontati e le paure che vanno esorcizzate e le fragilità di cui prendersi cura.
Entrare in contatto con la propria unicità è un lavoro pazzesco. Come si fa? Io un modo ce l’avrei. Si prendono per mano tutte le cose che ci abitano.
Quelle belle, quelle che pensiamo essere brutte e si portano in… alto. Si sollevano insieme a noi, nella purezza dell’aria, nella libertà del vento, alla luce del sole, in un grande abbraccio innamorato e gridiamo: ‘Che bellezza, tutte queste cose sono io… Sono io!’.
Sarà una figata pazzesca. E sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità.
E a quel punto io credo che sarà anche più probabile aprirsi all’unicità dell’altro. Ed uscire da questo stato di conflitto che ci allontana. Io credo di sì.
Sono molto fortunata a essere qui, ma vi chiederei un altro regalo: date un senso alla mia presenza su questo palco. Tentiamo insieme il più grande atto rivoluzionario che si possa fare oggi: l’ascolto. Di se stessi, degli altri, delle unicità.
Proviamo ad ascoltarci, a donarci ad altri gentilmente. Accogliamo il dubbio, anche solo per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convenzioni!
Facciamo scorrere i pensieri in libertà senza pregiudizio, vergogna. Facciamo scorrere i sentimenti in libertà e liberiamoci della prigionia dell’immobilità. È orrendo… Immaginate se un mondo non ruotasse e fisso stesse. Se tutto il buio fosse nero pesto”.